Il primo Uomo di Ferro non è stato Bartali, bensì Louis Mottiat.
Louis Mottiat, uno dei più grandi campioni della seconda e della terza decade del ‘900, era conosciuto da tutti come l’Uomo di Ferro. Un appellativo di un certo prestigio che nell’universo del pedale non viene dato con leggerezza. Non a caso, oggi, condivide quel soprannome con un’altra autentica leggenda delle due ruote: Gino Bartali. Proprio come Ginettaccio, infatti, Mottiat è passato alla storia per la sua tempra e per una capacità di soffrire che non aveva eguali nel suo tempo.
Nato l’8 luglio 1889 in Belgio, Mottiat era originario di Bouffioulx, una cittadina della Vallonia. Era, dunque, una delle rare mosche bianche in un movimento, quello della sua nazione, da sempre composto in gran parte da fiamminghi. L’Uomo di Ferro, quando montava in sella, oltretutto, era coriaceo e aspro proprio come la sua terra. La sua forza risiedeva in un serbatoio che disponeva di benzina pressoché infinita. Louis in gara non si stancava mai. Oggi siamo abituati a considerare lunghe le manifestazioni che superano i 250 chilometri, ma questo portento vallone non aveva problemi nemmeno a misurarsi in corse di oltre 1000 chilometri.
Pur essendo nato come atleta polivalente, capace di andare forte su ogni terreno, dal pavé alle salite più arcigne, in carriera si concentrò quasi unicamente sulle corse di un giorno. Per quanto forte, infatti, aveva alcune difficoltà a rimanere concentrato per più giorni consecutivi. Durante i vari Tour de France a cui ha partecipato, gli capitò sovente di essere vittima di amnesie che lo portarono a sprofondare in classifica. Va ovviamente detto, a ogni modo, che le Grande Boucle dell’epoca erano ben altra cosa rispetto a quelle odierne. Ogni dì i corridori si scontravano con il coltello tra i denti. Il canovaccio delle frazioni prevedeva scatti a profusione. Non vi era mai un attimo di tregua ed era impresa ardua per molti rimanere sul pezzo per due settimane.
Nelle gare in linea, invece, Mottiat sapeva dare il meglio di sé. Godeva anche di un buono spunto veloce che gli permetteva di potersela giocare con quasi tutti i suoi avversari in arrivi a ranghi ristretti, in particolar modo dopo competizioni lunghe e dispendiose. Già alla prima stagione da professionista, nel 1912, Louis è capace di vincere una frazione pirenaica al Tour de France. Si tratta della Bagnères-de-Luchon-Bayonne di 326 chilometri. L’Uomo di Ferro arriva al traguardo con il transalpino Eugène Christophe e lo fulmina allo sprint. Il terzo giunge a oltre venti minuti.
L’anno seguente, il neanche ventiquattrenne Mottiat inizia a dettar legge nelle classiche. Trionfa nell’allora prestigiosissima Bordeaux-Parigi di circa 600 chilometri. Arriva alla meta senza nessuno alla sua ruota. Non vi è rivale, in quel frangente, in grado di avvicinarlo. L’unico capace di subire un passivo inferiore ai due minuti è Cyrille Van Hauwaert. Alla Milano-Sanremo, invece, fa il vuoto sul Capo Berta insieme al connazionale e compagno di squadra Odile Defraye. In volata la spunterà quest’ultimo per una questione di pochi centimetri. Oltretutto, l’Uomo di Ferro si piazza anche al quarto posto alla Parigi-Roubaix e al quinto alla Parigi-Tours.
Il 1914 è l’annata delle conferme. Domina il Giro del Belgio, nel quale conquista anche quattro tappe. Alla Parigi-Roubaix si piazza al terzo posto, così come al campionato nazionale. Il risultato di maggior pregio, però, lo coglie alla Parigi-Bruxelles. Nelle classica delle due capitali mette fine alla striscia di tre trionfi consecutivi del fuoriclasse francese Octave Lapize. In quell’occasione, grazie alla sua favolosa stamina, l’Uomo di Ferro piega uno dopo l’altro tutti i rivali e arriva solo al traguardo. L’ultimo a mollare è il connazionale Louis Heusghem, l’unico in grado di insidiarlo. Dall’ottavo in giù i distacchi saranno addirittura superiori all’ora.
Lanciato verso una carriera di primissimo livello, a fine stagione Louis è costretto a rimettere i suoi sogni nel cassetto. Scoppia la prima guerra mondiale e il conflitto costringe il ciclismo a fermarsi. Per un lustro l’Uomo di Ferro non gareggerà. Tecnicamente perde quelli che dovrebbero essere i suoi anni migliori. Quando le manifestazioni riprendono, infatti, è ormai alla soglia dei trent’anni. Tuttavia, Mottiat, dando sfoggio di un longevità notevole, riuscirà a essere competitivo fino alla metà del decennio seguente.
Il 1919, per Louis, è una stagione interlocutoria. Il 1920, invece, lo vede tornare all’antico splendore. Vince la prima tappa del Tour de France e serve il bis al Giro del Belgio. Arriva sul podio, inoltre, alla Parigi-Bruxelles, alla Bordeaux-Parigi e al campionato nazionale. Alla Bordeaux-Parigi-Bordeaux, manifestazione di circa 1200 chilometri, una versione ulteriormente potenziata della sopraccitata grande classica, massacra la concorrenza. Al secondo rifila un distacco di un’ora e quarantotto minuti. Su quelle distanze non ha rivali. Nella breve storia di quelle gare che potremmo definire infinite, verosimilmente nessuno ha mai toccato le punte dell’Uomo di Ferro.
Per dare prova della sua superiorità, Mottiat nella stagione seguente conquista la Parigi-Brest-Parigi, la più nota tra le competizioni che presentano una lunghezza superiore ai mille chilometri. Al tempo quella corsa è un evento particolarmente sentito. Si svolge ogni dieci anni, motivo per cui difficilmente un atleta ha a disposizione più di un tentativo per vincerla. L’Uomo di Ferro, ad ogni modo, grazie alle sue doti di fondo che rasentano il divino, non può far altro che trionfare. Tre pedalatori del calibro di Eugène Cristophe, Émile Masson Sr. e Louis Heusghem giungono alla meta con oltre venti minuti di distacco. Il quinto, Félix Sellier, prende più di un’ora; il sesto più di sette.
Il 1921, inoltre, è la stagione d’oro dell’Uomo di Ferro. Conquista anche quattro delle prime sette tappe al Tour de France ed è secondo alla Parigi-Tours. Oltretutto, è proprio in quell’annata che Mottiat mette per la prima volta il suo sigillo nella classica di casa: la Liegi-Bastogne-Liegi. In quest’occasione, ad ogni modo, il fuoriclasse vallone non fa il vuoto. D’altronde la gara misura appena 209 chilometri. Riesce, tuttavia, a spuntarla comunque lasciandosi alle spalle in volata una quindicina di corridori.
Il bis nella Doyenne è subito servito nel 1922. Anche stavolta la Liegi è molto breve per gli standard dell’Uomo di Ferro e, dunque, questi è nuovamente costretto a sfoderare il suo spunto veloce per poter tagliare il traguardo a braccia alzate. In questo caso i corridori che hanno dovuto cedere alla zampata di Louis nelle ultime centinaia di metri sono addirittura più di venti.
Dopo un 1923 deludente, molti danno per finito il trentaquattrenne Mottiat. Il vallone, però, sarà protagonista nel 1924 di un’altra stagione eccellente. Al Tour de France demolisce la concorrenza nella Perpignano-Tolone di 427 chilometri. Financo i fuoriclasse azzurri Giovanni Brunero e Ottavio Bottecchia, quelli che più riescono a contenere il suo strapotere, subiscono passivi non indifferenti. Il primo chiude al secondo posto a 2’35”, mentre il veneto è terzo a 4’21”. A inizio settembre, oltretutto, l’Uomo di Ferro mette la ciliegina sulla torta con l’ultimo trionfo in una grande classica, avvenuto nella Parigi-Tours. Nella nobile gara che si snoda nel nord della Francia, Louis regna incontrastato. Al traguardo si presenta tutto solo, mentre i primi inseguitori, il lussemburghese Nicolas Frantz, il belga Jules Huyvaert e l’azzurro Bartolomeo Aymo chiudono a 1’38” da lui. Inutile dire che il resto dei partecipanti subisce distacchi decisamente maggiori.
L’ultimo successo della carriera di Mottiat arriva al Tour de France del 1925. Teatro, ovviamente, è una frazione interminabile: la Cherbourg-Brest di 405 chilometri. L’Uomo di Ferro si sbarazza del resto della concorrenza e si lancia in una cavalcata trionfale. Tutti gli altri giungeranno al traguardo a più di cinque minuti da lui. Al termine di quell’annata, Louis, ormai trentaseienne, decide di appendere la bici al chiodo. Concluso il suo impegno nel mondo delle due ruote, aprirà una stazione di servizio e vivrà una vita serena fino al 5 giugno del 1972, data in cui si spegne.
Mottiat resterà nella storia del ciclismo come un corridore unico nel suo genere. Un colosso infaticabile, un uomo capace di percorrere lunghe distanze a ritmi impossibili per tutti i suoi contemporanei. Un atleta da leggenda, un eroe da mitologia greca. La sua sembra l’epopea di un personaggio di fantasia. Una persona venuta dal futuro o un extraterrestre. Quando una gara superava i 400 chilometri, il vallone diventava quasi imbattibile. Quando, invece, osava protrarsi oltre i mille, allora il campione di Bouffioulx risultava semplicemente inavvicinabile. Uomo di Ferro, per l’appunto. Di nome e di fatto.
Foto in evidenza: ©Classic Vintage Cycling