Gregariato, dedizione, diversi trionfi su pista: Iljo Keisse è questo e altro.

 

 

Un quindicennio di corse e vittorie, di pregevole gregariato e dedizione alla bici, tre lustri di trionfi su pista e rocambolesche fughe coronate con qualche bella vittoria su strada. Tutto questo cancellato da un gesto idiota? Suvvia, Iljo.

Eh sì, perché il protagonista di questa diapositiva è quel Keisse, foggia Quickstep e classe ’82, che durante l’ultimo Tour of Saint Louis si ferma a un bar coi compagni di squadra. Niente di strano, uno stop dopo l’allenamento. La cameriera ventenne chiede una foto a quelli che ha capito essere campioni rinomati. Ed è a quel punto che il corridore belga si lascia andare a un gesto riprovevole, mimando nello scatto che lo riprende da dietro alla ragazza un esplicito atto sessuale. La foto gira, la protagonista si rende conto della “bravata”, da lì alla comunicazione alla stampa e alla denuncia il passo è immediato.

Quello che a detta dell’atleta voleva essere solo uno scherzo (di pessimo gusto) gli si rivolta immediatamente contro. Multa sacrosanta e giusta allontanazione dal tour argentino. Sono poi giunte immediate le scuse, il ragazzo si è detto mortificato, di non essere il tipo di persona che si abbandona a tali idiozie sessiste, ma ormai il danno era fatto.

La stagione infelice, tuttavia è continuata una volta rimontato in sella qualche mese dopo. Nella corsa che lo stesso Ilijo definisce splendida, la Regina Roubaix, poco prima dell’ingresso nella mitica Foresta di Arenberg, il belga si è schiantato contro uno spartitraffico procurandosi la frattura del gomito. Insomma, un anno iniziato male e finito peggio. Meglio un bel reset in vista del 2020, col fiammingo anagraficamente un po’ attempato, ma forse con ancora qualche cartuccia da sparare.

Il suo talento, specie su pista, viene difatti da lontano, dai primi 2000 e dopo aver fatto man bassa di risultati da juniores, il palmares nell’ellisse si amplia a dismisura nei dieci anni seguenti. Campionati europei, innumerevoli Sei Giorni, l’americana come specialità e un bronzo appena sfiorato alle Olimpiadi di Pechino 2008, quando finisce quarto.

Dillier, Terpstra, Cavendish, Bartko, e ancora ritroso fino alle prime vittorie con Matthew Gilmore. Questa la pletora di grandi atleti che lo hanno accompagnato nei suoi voli al velodromo. Un’eccellente carriera sul manto liscio dell’ellisse accompagnata però anche da indimenticabili incursioni in strada. Un corridore versatile, quando dal 2007 decide di accompagnare le doti innate di pistard ai tentativi di primeggiare altrove. Ed ecco i piazzamenti in classiche di prestigio come la Kuurne-Brussels-Kuurne del 2007 e a Le Samyn di dieci anni dopo. E poi due incredibili e indimenticabili vittorie.

Giro di Turchia 2012. Keisse è nella classica fuga di giornata; lui che solitamente va a riprenderle le fughe, poderoso sul passo in preparazione dell’apertura di gas dei velocisti sul rettilineo finale. Quello eppure appare il suo giorno, ha il via libera dalla squadra ed eccolo nel drappello degli attaccanti. E’ nettamente il più forte, tanto che ai meno otto si libera della compagnia restando solo. Giochi fatti? Manco per idea, il gruppo come da copione vora la terra nella rincorsa e quando Ilijo si volta lo vede dietro all’orizzonte pronto a inghiottirlo. Manca un chilometro, il vantaggio però regge, una curva. Quella curva! La trazione della ruota interiore viene a mancare e il belga si schianta a terra. Tutto finito, o almeno così sembra; incredibilmente però si rialza, con una calma quasi impossibile da tenere nella nevrosi del momento. Il gruppo è a duecento metri, cento, la bici è appena rialzata, lui che rimette la catena. Riparte, cinquanta metri, venticinque, venti, arrivano da dietro, eppure ce la fa! Una vittoria pazzesca.

Lo stesso copione si ripete tre anni dopo, la fuga che si fa beffe del gruppo. Stavolta la vittoria è di prestigio vero, Giro d’Italia 2015, e la beffa ancora maggiore, poiché non siamo in una qualunque tappa adatta alle ruote veloci, bensì a Milano. La passerella milanese che incorona il campione delle tre settimane da sempre o quasi è l’agognato finale riservato agli impavidi velocisti che sono riusciti a superare le Dolomiti e venti interminabili giorni di fatica. Eppure ai meno trenta si staccano due vagoni dal treno della corsa rosa, Durbridge e lo stesso Iljio; collaborazione e tenacia, i due incredibilmente arrivano. Lo sprint ridotto regala a Keisse la più bella vittoria su strada della sua carriera.

Passano altri quattro anni e siamo a oggi, a quella stagione da dimenticare menzionata a inizio articolo. Dal picco di trionfi su entrambe le specialità è passato un po’ di tempo e la carriera del ragazzo di Gand sembra essere in declino. Eppure è lui stesso a dire di volere continuare ancora, che la bicicletta persiste nel dargli stimoli, che correre in una delle squadre più forti al mondo lo motiva più che mai. L’augurio è che il ragazzone biondo abbia compreso alcuni clamorosi ma rimediabili errori umani e ciclisticamente parlando di vederlo sfrecciare nei velodromi dove per un quindicennio ha temuto pochi rivali, e, perché no, di sostenerlo in una delle sue fughe al cardiopalma; di quelle che ci fanno fremere e tifare gli audaci all’attacco, quando ci auguriamo sempre che la fuga abbia la meglio sulla rimonta dei pescecani in gruppo.

 

 

Foto in evidenza: ©Deceuninck-QuickStep, Twitter