Alla Vuelta esplode la Slovenia, ma la loro storia arriva da lontano.
Primož Roglič e Tadej Pogačar hanno portato la Slovenia al punto più alto della sua storia ciclistica. Primo e terzo nella classifica finale della settantaquattresima edizione della Vuelta a España, maglia verde e maglia bianca e quattro vittorie di tappa in due: risultati che arrivano al culmine di una stagione da incorniciare per entrambi. Roglič, ex iridato nella categoria juniores del salto con gli sci, prima della corsa a tappe spagnola aveva vinto UAE Tour, Tirreno-Adriatico e Giro di Romandia. Inoltre, si era anche piazzato sul podio del Giro d’Italia, conquistando due frazioni. Il giovanissimo Pogačar, invece, neoprofessionista e primo ventenne sul podio di un grande giro da Baronchelli nel 1974, aveva trionfato alla Volta ao Algarve e all’AmgenTour of California.

Il primo Grande Giro nel palmarès dello stato del “Lato Solare delle Alpi” (Na sončni strani Alp), però, è un successo che parte da lontano, anche se potrebbe non sembrare. Ai tempi la Jugoslavia faceva parte della FIAC (Federation Internationale Amateurs de Cyclisme) e i suo atleti, per decenni, hanno gareggiato solo tra i dilettanti. Il cuore, a livello ciclistico, del grande stato che un tempo si affacciava all’Adriatico, era proprio la Slovenia.
Quando nel 1937 nacque la versione embrionale del Giro di Jugoslavia, ovvero la Po Hrvatski in Sloveniji/Kroz Hrvatsku i Sloveniju, letteralmente “Attraverso Croazia e Slovenia”, cinquecento chilometri suddivisi in tre tappe, il primo vincitore fu August Prosenik. Nato nel 1916 a Obrežje, al tempo Impero Austro-Ungarico, oggi Slovenia, Prosenik fu autentico mattatore a cavallo tra gli anni ‘30 e gli anni ’40. Conquistò, infatti, anche tre campionati nazionali jugoslavi (1936, 1937, 1940), il Tour de Serbie nel 1939 e il Tour de Romanie nel 1946.

Il suo successo più importante, però, è la primissima edizione della Course de la Paix, gara che ben presto diventerà un punto di riferimento per i dilettanti di tutto il mondo. Prosenik nelle cinque frazioni in programma non uscì mai dai primi quattro, vinse la seconda e in classifica generale rifilò quasi cinque minuti al suo primo inseguitore, vale a dire il polacco Roman Siemanski.
Prosenik, a inizio carriera, aveva un grande rivale che si chiamava Janez Peternel, di tre anni più vecchio e proveniente dall’Alta Carniola. A fine anni ’30 Peternel era considerato il più forte ciclista di Jugoslavia. Nel 1940 vinse la seconda edizione del Tour de Serbie. La sua carriera, però, verrà stroncata dalla guerra. Infatti, durante il secondo conflitto globale si unirà ai partigiani, ma verrà catturato e deportato nel campo di concentramento di Gonars. Riuscì a scappare e tornò dai partigiani, ma venne ucciso perché considerato un traditore.
Il terzo grande alfiere del ciclismo sloveno si chiama Janez Žirovnik, nato a Lubiana nel 1935. Il suo anno d’oro fu il 1960. In quella stagione, infatti, non solo riportò nel Lato Solare delle Alpi il Giro di Jugoslavia, ma si comportò egregiamente anche alle Olimpiadi di Roma, strappando un ottimo 8° posto nella prova in linea.

Negli anni ’60 il ciclismo sloveno inizierà a imporre veramente il suo dominio in Jugoslavia. Frank Skerlj, nato a Lubiana nel 1941, con i successi nel 1962 e nel 1967, sarà il primo corridore nella storia a vincere per due volte il Giro di Jugoslavia e, inoltre, fu primo anche in due edizioni dell’Istrian Spring Trophy. Lo stessa impresa riuscì anche al connazionale Rudi Valenčič, che conquistò la corsa a tappe sopraccitata nel 1964 e nel 1968. Nel secondo caso, oltretutto, batté un certo Gosta Pettersson, futuro vincitore del Giro d’Italia, nel 1971. Tra gli altri grandi nomi di quel decennio, non si può dimenticare Andrej Boltežar, trionfatore del Giro di Jugoslavia nel 1963, del Tour de Serbie del 1966, 2° al Giro di Macedonia nel 1967 e 3° al Giro di Croazia & Slovenia nel 1963.
Jože Valenčič non vincerà mai il Giro di Jugoslavia, ma fu un incredibile enfant prodige. Nato a Pivka – San Pietro del Carso – il 26 gennaio 1948, nel 1967, ad appena 19 anni, vinse la prima edizione del GP Kranj. Bisserà, poi, quel successo, nel 1972. Nel suo palmarès, inoltre, figurano sia il campionato nazionale in linea che quello a cronometro, il Tour de Serbie e due Giri di Croazia & Slovenia.
Nel decennio seguente la Slovenia poté godere anche delle grandi prestazioni di Drago Frelih, tre volte vincitore del Tour de Serbie, e di Franc Hvasti, quest’ultimo conquistò ben tre edizioni del GP Kranj. Un altro buon corridore di quegli anni era Bojan Udovič, che a Kranj vinse nel 1979.

Nella seconda metà degli anni ’70, però, apparirà sulla scena un cannibale che lascerà ben poco spazio agli altri atleti: Bojan Ropret. Nato il 17 agosto 1957 a Kranj, a 26 anni Ropret aveva in palmarès quattro GP Kranj, due Istrian Spring Trophy, un Tour de Serbie e un oro ai Giochi del Mediterraneo. Tra il 1972 e il 1979 il Giro di Jugoslavia fu feudo sovietico e cecoslovacco, ma nel 1980 Bojan, appena ventitreenne, riportò a casa il titolo. Lo sloveno, inoltre, fu anche 7° ai giochi olimpici di Los Angeles 1984. In carriera ha vinto oltre 30 campionati nazionali.
Negli anni ’80 il mondo era ormai in fase di cambiamento e sarà questa l’epoca in cui assisteremo agli ultimi grandi dilettanti sloveni, i quali, inoltre, faranno in tempo a passare professionisti. E’ un epoca, oltretutto, ricca di corridori di qualità. Partiamo citando Vinko Polončič, il quale vinse Istrian Spring Trophy e GP Kranj, prima di firmare un contratto con la Malvor-Sidi diretta da Dino Zandegù. Partecipò al Giro d’Italia e alla Milano-Sanremo nel 1983 e le concluse entrambe.
Ancora meglio fecero Jure Pavlic e Bruno Bulic. Jure, classe 1963, vinse due Giri di Jugoslavia consecutivi nel 1985 e nel 1986. Nel 1987, invece, conquistò il prestigioso Palio del Recioto e nel 1989 la classifica dell’Intergiro al Giro d’Italia. Bulic, di cinque anni più vecchio, dominò tra i dilettanti imponendosi sia nel campionato nazionale che all’Istrian Spring Trophy, al Giro di Jugoslavia e al Trofeo ZSSDI. Nel 1985 venne a correre in Italia nella Magniflex-Centroscarpa e fece terra bruciata attorno a sé. La sua stagione, infatti, fu letteralmente incredibile. Questi i risultati: terzo con vittoria di tappa al Giro della Valle d’Aosta e alla Settimana Ciclistica Lombardia, vincitore del Giro del Friuli-Venezia Giulia e 1° nella quarta tappa del Giro delle Regioni. Successivamente, fece due anni da professionista nelle file della Pepsi Cola, ottenendo un 25° posto finale al Giro d’Italia 1986.

Il più forte di quel periodo, però, non poteva che chiamarsi Primož. Di cognome non Roglič, ma Čerin. Čerin è stato un dilettante fortissimo, a 20 anni aveva già vinto due campionati nazionali, a 21, invece, conquistò il Giro di Jugoslavia. Nel 1985, a 23 anni, visse la sua stagione d’oro che gli permetterà di strappare un pass per il professionismo. 1° al Trofeo Alcide de Gasperi e al Giro del Veneto e delle Dolomiti, 2° al Giro delle Regioni e 3° al Giro d’Austria. Tra i grandi, corse fino al 1990, militando anche nella Carrera. Nessuna vittoria, ma un 3° posto al Giro del Trentino, un 2° di tappa alla Vuelta e un 4° alla Coppa Agostoni. Sarà, inoltre, il primo sloveno a partecipare al Tour de France e il primo a chiudere il Giro d’Italia tra i primi 20.

Il 25 giugno 1991 la Slovenia diventa uno stato indipendente e continuerà a sfornare grandi ciclisti. Non ci volle molto, dunque, per iniziare a cogliere risultati di prestigio: Andrej Hauptman, attualmente uno dei direttori sportivi di Pogačar in seno all’UAE Team Emirates, nel 2001, con il bronzo conquistato a Lisbona divenne il primo sloveno a salire sul podio di un Mondiale. Zoran Klemenčič portò a casa il primo oro europeo, tra gli U23, nel 1998. La prima maglia iridata, invece, fu di Janez Brajkovič, campione del mondo tra gli Under 23 a cronometro a Verona nel 2004.
Nel nuovo millennio il Lato Solare delle Alpi ha avuto fior fior di corridori, da Simon Špilak a Grega Bole, passando per Tadej Valjavec, Martin Derganc, Borut Božič, Kristijan Koren, Marko Kump, Luka Mezgec, Matej Mugerli, Uroš Murn, Jan Polanc, Jan Tratnik e il sopraccitato Brajkovic. Negli ultimi dieci anni,alcuni di questi hanno vinto tappe al Giro e alla Vuelta, Tour de Suisse, Giro del Delfinato e Gp de Plouay. Era solo questione di tempo prima che iniziassero a sfornare dei campioni e, ora, ne hanno ben tre – perché non dobbiamo dimenticarci di Matej Mohorič, altro corridore di assoluta qualità che in questi giorni è stato oscurato dai risultati di Roglič e Pogačar – e che aiuta anche lui a dare lustro a una tradizione quasi secolare.
Foto in evidenza: ©Rolwing González, Twitter