10 nomi da seguire per il Giro delle Fiandre

Chi seguire con attenzione al Giro delle Fiandre? Ecco i nostri nomi

 

La Milano-Sanremo ci ha ricordato che il periodo delle classiche funziona così: non fa in tempo a iniziare che già lo si ritrova nel suo vivo. Il Giro delle Fiandre è la seconda stazione di questa spettacolare avventura. Nel frattempo ci sono stati dei passaggi intermedi niente male: Harelbeke, Gent-Wevelgem e Dwars door Vlaanderen hanno lanciato segnali importanti ma soprattutto si sono rivelate gare dure, aperte ed estenuanti. I favoriti della vigilia vengono annunciati in condizioni smaglianti ma non sono i soli: anche alcune seconde linee hanno dimostrato di poter giocare nello stesso cortile dei migliori. Il vincitore del Giro delle Fiandre 2019 uscirà da una cerchia ristretta di nomi: l’imprevedibilità della Sanremo è irreplicabile a queste latitudini. Però, a differenza delle altre stagioni, ad ampliarsi è stata la rosa degli outsider. Difficilmente uno di loro conquisterà una classica del genere ma la superficialità da parte dei primi nei confronti dei secondi potrebbe essere pagata a caro prezzo.

Matteo Trentin

Matteo Trentin è la miglior carta azzurra al giro delle Fiandre 2019 (Foto © Emanuela Sartorio – Caffè & Biciclette)

Delle due classiche monumento che si corrono sul pavé, Matteo Trentin ha sempre indicato il Giro delle Fiandre come più adatta alle sue caratteristiche. I risultati lo testimoniano: pur non avendo ancora disputato un’edizione coi gradi di capitano e senza intoppi, si ricordano prestazioni solide del trentino al Fiandre. Il fatto che fino al 2017 abbia partecipato da gregario enfatizza ancora di più questo aspetto. Proprio nel 2017 raccolse il suo miglior piazzamento: tredicesimo, dopo aver tutelato l’assolo di Gilbert, e il gruppetto di cui faceva parte Trentin si giocò il quinto posto. La prima parte di primavera gli ha sorriso a metà: decimo alla Sanremo, settimo ad Harelbeke e alla Gent-Wevelgem. Ha speso tanto e incassato poco, anche se una solidità tale nelle corse di un giorno non gliel’avevamo mai vista. Un anno fa fu sfortunato: un problema meccanico lo frenò al momento sbagliato, rendendo impossibile qualsiasi rimonta. Chiuse quarantacinquesimo a oltre quattro minuti. Quest’anno ci riproverà. È il Trentin più maturo di sempre. Le assenze di Edmondson, che il Giro delle Fiandre lo ha vinto nel 2015 davanti a Moscon tra gli Under 23, e Durbridge peseranno molto: bisogna augurarsi che i vari Hepburn, Bauer e Juul-Jensen sappiano supportare il loro capitano.

Niki Terpstra

Niki Tersptra al via della Milano-Sanremo (Foto © Aivlis Photography)

Niki Terpstra è il campione uscente ma nell’ultimo anno sono cambiate tante cose. Per essere una Professional la Direct Energie ha un organico di tutto rispetto, ma questo non basta quando si devono affrontare Deceuninck, BORA-hansgrohe, Sky, Trek-Segafredo e Jumbo-Visma. Gaudin giocherà d’esperienza, Petit sfrutterà l’ottimo momento di forma che sta attraversando e occhio anche a Turgis. Come se ciò non bastasse, Terpstra è ormai prossimo ai trentacinque anni e ha una sola carta a disposizione: attaccare da lontano e arrivare in solitaria. Lo scarso spunto veloce di cui è dotato lo condannerebbe contro Sagan, Trentin, Kristoff, Van Avermaet, Stuyven, Štybar, Gilbert, van der Poel, Naesen: praticamente la maggior parte degli atleti di riferimento per le corse sulle pietre. Dal 2012 in poi Niki Terpstra ha quasi sempre trovato il colpo di pedale giusto proprio nella settimana che più gli si addice. I trionfi alla Parigi-Roubaix 2014 e al Giro delle Fiandre 2018 sono stati la sublimazione del gioco di squadra della Quick-Step: il valore del corridore non è in discussione ma la presenza di compagni come Boonen, Gilbert, Štybar, Trentin, Vandenbergh, Keisse, Lampaert e Tony Martin è stata decisiva nel proteggere i suoi assoli. Resta il rammarico di poter godere del talento di Terpstra soltanto per un mese all’anno: brillante, ma appassisce ancor prima che la primavera finisca.

 

Greg Van Avermaet

Greg Van Avermaet (Foto ©Emanuela Sartorio – Caffè & Biciclette)

Ottavo, quarto, settimo, secondo, terzo, secondo, quinto: questo è il ruolino di marcia di Greg Van Avermaet al Giro delle Fiandre dal 2008 al 2018. Nel mezzo ci sono tre risultati mediocri e per questo rimuovibili e il ritiro nel 2016, nell’anno in cui Peter Sagan, uno dei suoi avversari storici, coglieva uno dei primi grandi successi della sua carriera. Come Sagan, Van Avermaet non è il più forte sul pavé: in quest’era di transizione un vero e proprio dominatore non c’è. Come Sagan, Van Avermaet è una minaccia costante: spesso perde ma sempre sulla linea del traguardo, raramente prima. Gli è mancato l’acuto ma la sua primavera, almeno fin qui, è stata di spessore: vittoria di tappa alla Valenciana, due podi parziali in Oman, secondo alla Omloop Het Nieuwsblad e sesto alla Strade Bianche; e ancora un podio alla Tirreno-Adriatico, terzo ad Harelbeke e ventesimo nella volata furiosa della Gent-Wevelgem. Non ci sono motivi validi che spiegano perché un corridore come il belga abbia soltanto una classica monumento. È completo, tenace, coraggioso, resistente e veloce. Dei favoriti è quello con la squadra più scarna di elementi validi: Van Keirsbulck, Ventoso e Schär sembrano insufficienti per tenerlo davanti a lungo in una corsa così dura. Dovrà fare tutto da solo ma ci è abituato. Potrebbe perdere un’altra volta ma a testa alta e sulla linea d’arrivo, non prima.

 

Bob Jungels

Bob Jungels oltre alle Ardenne ora mette nel mirino anche le classiche del pavé (foto © bicifoto.it)

Chissà se quando si è presentata la possibilità di partecipare alla prima parte delle classiche del Nord Bob Jungels ha ripensato alla primavera del 2013. Si schierò al via di Dwars door Vlaanderen e Parigi-Roubaix collezionando un ritiro e un ottantaquattresimo posto. Aveva vent’anni e qualche mese. Da allora e fino a poche settimane fa aveva girato alla larga. Lo Jungels che è tornato a solcare il pavé è un corridore nuovo. Più forte sul passo e in salita, più sicuro dei suoi mezzi, uno degli ingranaggi più importanti della macchina quasi perfetta che è la Deceuninck-Quick Step: ha vinto al Giro d’Italia, ha vestito la maglia rosa per otto giorni, ha ottenuto due piazzamenti tra i primi dieci della generale, un undicesimo posto finale al Tour de France e la Liegi-Bastogne-Liegi 2018. Nelle ultime settimane non ha corso molto: fatta eccezione per il Tour of Colombia e la Parigi-Nizza, ha pedalato esclusivamente sul pavé. Ha trionfato alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne per poi riconfermarsi ad Harelbeke, quinto, e alla Dwars door Vlaanderen, terzo. Le sue doti in pianura non sembrano risentire del fondo ciottolato e alla vigilia del Giro delle Fiandre è la più pericolosa delle seconde linee. Non ha mai partecipato alla Ronde e il percorso potrebbe fargliela scontare: ma è uno degli atleti più in forma della squadra più in forma, per questo la sua inesperienza da queste parti non deve ingannare.

Peter Sagan

Peter Sagan alla ricerca di una stagione che sembra sfuggire di mano (Foto © Emanuela Sartorio – Caffè & Biciclette)

Quanto detto per Matteo Trentin vale, a maggior ragione, anche per Peter Sagan: Milano-Sanremo e Giro delle Fiandre sono le due classiche monumento che più si confanno alle sue caratteristiche. Tozzo, potente, veloce e scattante: eppure la Milano-Sanremo non l’ha ancora vinta e l’unico Giro delle Fiandre conquistato risale al 2016, tre anni fa. Peter Sagan non arriverà a quarant’anni in sella: smetterà prima. Non è un animale da competizione: più che per indole, la competitività sembra derivargli dalla duttilità e dal talento di cui dispone. Nelle ultime settimane lo abbiamo visto pesante e farraginoso come non mai, ma chissà cosa c’è dietro: una preparazione invernale troppo blanda, una primavera costellata di campioni nuovi (Alaphilippe, van der Poel, Jungels) e ritrovati (Štybar e Kristoff), un picco di forma volontariamente posticipato sacrificando alcune corse a vantaggio di altre, su tutte la Liegi-Bastogne-Liegi col finale più accessibile. Pur non brillando Sagan ha ricordato a tutti cosa significhi essere un campione: nonostante una condizione approssimativa è salito sul podio a San Juan e alla Tirreno-Adriatico piazzandosi al quarto posto nella volata della Milano-Sanremo. A fargli forza avrà Burghardt, Oss e Bodnar, col fratello Juraj e Pöstlberger pronti a entrare in azione nella prima parte di gara. Fargli il funerale prima di vederlo al tappeto potrebbe rivelarsi un errore imperdonabile.

 

Wout van Aert

Van Aert al via della Milano-Sanremo 2019 ( Foto © Aivlis Photography)

Inutile girarci attorno, l’occasione è ghiotta. Inutile cercare fronzoli e bizantinismi o snocciolare dati statistici: van Aert oggi è in prima fila per cogliere il suo primo grande successo su strada. La condizione non eccelsa di diversi big di queste corse, la crescita e la maturità raggiunte in poco tempo, una squadra compatta e in grande forma ed ecco che il nome del belga di Herentals vola in prima fila: una congiunzione astrale da sfruttare. Lui ha già dichiarato che il Paterberg è trampolino ideale e gli ricorda quei tratti del ciclocross in cui sovente riesce a esaltarsi. Da capire se lo farà all’ultimo passaggio o a quello prima, perché se cerchiamo coraggio dobbiamo guardare proprio dalle parti di chi, come lui, è attore principale nel fuoristrada. Se qualcuno dovesse provare da lontano (c’è da immaginarsi un attacco sul Muur), lui sarebbe lì a fare buona guardia e poi a dare carbone per alimentare una fuga a media o lunga gittata: il coraggio non gli fa difetto. Se proprio vogliamo trovare dei punti deboli al corridore, sesto alla Sanremo, terzo alle Strade Bianche, protagonista alla Gent-Wevelgem, secondo ad Harelbeke, è il fatto di vincere poco, anzi pochissimo e forse, pur non essendo fermo allo sprint, c’è il rischio che possa trovare sempre qualcuno più veloce di lui tra gli uomini adatti a queste corse. Tatticamente in Liguria ha commesso una grossa ingenuità finendo poi per correre più accorto nelle gare in Belgio. Oggi contro di lui ci sarà van der Poel e anche la pressione di un tifo belga che si ritrova tra le mani tanto talento, ma una primavera fino a oggi paradossalmente avara di vittorie.

Mathieu van der Poel

Mathieu van der Poel vince alla Dwars door Vlaanderen (Foto © Twitter lavoixdessports)

Fisicamente appare straripante, mentalmente dominante, tatticamente capace di gestire come un fine stratega anche momenti convulsi di gara, lui abituato a non conoscere la tattica, nei pronti-via, tutti a cannone, tipici del ciclocross. Dominatore nel suo regno sterrato, prova a espandere il suo potere anche su strada e dopo la vittoria alla Dwars door Vlaanderen, al Giro delle Fiandre 2019 è nome caldissimo. Non partirà con le cinque stelle del favorito, perché costa ammetterlo, ma ha anche lui dei limiti. Ad esempio per questioni anagrafiche e di formazione agonistica, sarà la sua prima volta alla Ronde; la statistica gli sorride: l’ultimo esordiente vincitore su queste strade fu anche quella volta un olandese di ventiquattro anni: Johann Lammerts nel 1984.  La gestione della corsa che arriva col tempo e i segreti riguardo a insidie che si nascondono a ogni metro non saranno un fattore da sottovalutare, ma corridori come lui ce ne sono pochi. Dà spettacolo, ha fondo, staccarlo sarà difficile e anzi possiamo garantire che lo vedremo in prima persona provare qualche azione. Koppenberg, Oude Kwaremont, Paterberg, non gli fanno paura, anzi. Se lo portano allo sprint, ristretto o più convulso, chi può batterlo? Come pochi altri lo spettro di opzioni per la vittoria è davvero ampio. I totem di questo sport lo vedono già vincitore domenica, Boonen e Lefevere gli mettono pressione addosso, per De Vlaeminck lui e van Aert andranno a giocarsi il Fiandre, ma con l’olandese leggermente favorito e così finalmente la profezia si avvererà: “Van aert e van der Poel domineranno anche su strada“. Devolder, suo compagno di squadra e vincitore due volte del Fiandre, dice di non aver mai visto un talento di questo genere. E Devolder ha corso con Tom Boonen e Fabian Cancellara. È chiaro di cosa stiamo parlando?

 

Zdeněk Štybar

Zdenek Stybar specchio per le allodole della tattica Deceuninck? (© Emanuela Sartorio – Caffè & Biciclette)

Primo alla Het Nieuwsblad, primo ad Harelbeke, in affanno nel finale, ma votato alla causa, alla Gent-Wevelgem (dopo aver provato anche una sgasata sul Kemmelberg) e di guardina alla Kuurne-Brussels-Kuurne: il bagaglio, per essere considerato il favorito numero uno al Giro delle Fiandre, è di quelli da mettere in stiva. Sarà lui l’arma migliore in casa Deceuninck? Può darsi, ma occhio perché spesso le azioni decisive nascono da quelle considerate seconde punte o luogotenenti e dunque a marcare Zdeněk Štybar (un paradosso per uno con caratteristiche da difensore nato) ci si potrebbe rimettere una corsa intera.  Trentaseiesimo, diciottesimo, nono, ottavo, sessantasettesimo e decimo, lo score del ceco in questa corsa farebbe guardare altrove. Da valutare quale potrebbe essere la sua arma migliore in un Fiandre che presenta il solito menù sfiancante e imprevedibile: lunga attesa per poi sferrare un solo colpo? Quando passò professionista voleva vincerla a tutti i costi, salvo poi sfiorare più volte la Roubaix, ma ora la condizione c’è, il grado di capitano pure e le occasioni sempre di meno. Il Paterberg lo stuzzica e lì potrebbe giocarsi tutto: la sua sembra la forma della vita. Basterà?

Alexander Kristoff

Sprint o fuga, Kristoff ha diverse carte da giocare come dimostrato in passato proprio in questa corsa (Foto © Aivlis Photography)

Se la corsa si fa dura, massacrante, se la corsa ti prosciuga. Col caldo e col freddo, il sole e la pioggia, lui potrebbe esserci. Sembra l’introduzione a un supereroe, poche righe a caratteri cubitali su una locandina dove viene raffigurato mentre sfreccia con pugno al cielo, maglia bianca e quei muscoli che sembrano chili di troppo, ma che in realtà sono tutta salute: un corridore che è un inno al ciclismo anti-anoressico. Fino a otto giorni fa lo avremmo messo tra gli “altri” complice un inizio di stagione non esaltante, ma alla Gand-Wevelgem ha dimostrato di essere il più duro tra i duri e a suo agio, come tradizione, sui muri fiamminghi. Fondista, non di quelli à la Northug, o Klæbo non fraintendete; corridore capace di esaltarsi quando il chilometraggio inizia a farsi di una certa rilevanza, le gambe degli altri si inaspriscono e mentre calano lui resta ciò che era, un po’ come è successo alla “Gand”. E poi ha un altro superpotere: è il più veloce in una volata. Al fianco una squadra che si ritrova così all’improvviso, visto il capitano vincente, completa di ogni accessorio per il nord e con i ruoli ben definiti: Troia, Laengen e Bystrøm per non fargli prendere un filo di aria, Marcato per guidarlo nelle insidie dei muri, Gaviria per giocare d’anticipo, a nascondino, oppure bluffare, Philipsen per guardarlo e imparare. Qui ha già vinto, scommettereste nuovamente su di lui?

 

Oliver Naesen

Oliver Naesen correrà sotto antibiotici, ma promette battaglia (Foto © Emanuela Sartorio – Caffè & Biciclette)

In dubbio fino all’ultimo, l’enfant du pays vuole scrollarsi di dosso l’etichetta del piazzato, del sempre-sorridente-sul-podio, del poco cattivo, come lo ha definito Tom Boonen. Una bronchite presa al termine della Gent-Wevelgem e smaltita a ridosso del via di questa corsa, non lo fa arrivare al meglio delle condizioni, ma sarebbe stato difficile estrometterlo da questa lista. Su quattro partecipazioni nella corsa di casa, pur partendo spesso con gli occhi puntati addosso, non ha mai fatto meglio dell’undicesimo posto del 2018, nonostante sia uno che difficilmente si tira indietro dalla contesa. Deve ancora vincere la sua prima classica belga (ha in palmarès un titolo nazionale e due Plouay) e magari l’occasione potrebbe presentarsi al Fiandre. Dotato di fondo e di uno spunto veloce importante soprattutto dopo un lungo chilometraggio e corsa dura, come dimostrano i podi a Sanremo e Wevelgem, portarselo al traguardo potrebbe essere deleterio per gli avversari. A fianco a lui la peggior AG2R possibile, fateci passare il termine. Dillier non al meglio, come un anno fa quando questa corsa la vide da casa, Vandenbergh anche lui inserito all’ultimo, fuori Gallopin: a Naesen gli toccherà fare tutto da solo. Alla ricerca di una buona dose di fortuna e senza essere al meglio delle proprie condizioni.

Altri

Al duo Deceuninck GilbertLampaert sta un po’ stretto il titolo di outsider; Gilbert ha avuto qualche problema fisico e forse non è al top della sua carriera, ma mai darlo per morto. Nelle scorse settimane ha fatto qualche prova generale e lui, anche se appeso al gancio, qualcosa si inventerà. Da Lampaert ci si aspettava di più, ma avrà Fiandre e Roubaix per il riscatto. Bettiol è la seconda miglior carta in mano agli italiani e che carta la sua. Il toscano più di Moscon e Colbrelli arriva a questa corsa in forma e con speranze da top ten. Il suo compagno di squadra Langeveld insegue il sogno di una vita e ce lo immaginiamo scollinare sempre con i primi, mentre Vanmarcke arriva con l’ennesimo incidente in gara che lo ha tenuto in dubbio fino alla vigilia. Teunissen e Van Poppel sono le seconde punte di una Jumbo-Visma fortissima che non è solo van Aert e potrebbe contare pure su un Van der Hoorn un po’ in ombra e su un Grøndahl Jansen in grande crescita e che si ritrova a essere il numero due del ciclismo norvegese in questo momento. Garcia Cortina è il nome nuovo per la Spagna e forse il più in forma nella Bahrain dove Colbrelli appare indietro rispetto al passato e dovrà fare corsa in difesa, mentre Mohorič se vuole cominciare a raccogliere qualcosa, dovrà migliorare tatticamente e nella distribuzione delle energie. Una menzione la merita Turgis in grande crescita, sarà la punta per la Francia e la seconda linea in casa Direct Energie. Occhio a Gaviria se dovesse superare indenne i muri, mentre Philipsen farà esperienza, ma su queste strade è un predestinato. Il quartetto Trek-Segafredo, Pedersen, Theuns, Stuyven e Degenkolb, vede i primi due allertati per il Fiandre e i secondi due con il mirino sulla Roubaix; quattro uomini da temere ma che per un motivo o per altro non offrono garanzie di successo o di podio in questa Ronde 2019. Benoot è una delle speranze del Belgio sin qui a secco di vittorie nelle classiche di casa, Keukeleire, in squadra con lui, ha mostrato una buonissima gamba, e i due potranno contare sull’eterna promessa Wellens, che avrà il compito di sparigliare le carte. Politt e Ballerini,  giovani capitani di due squadre non attrezzatissime per il nord, faranno ulteriore esperienza e potrebbero provare da una distanza medio-lunga. C’è poi Valverde all’esordio e che potrebbe imitare Nibali un anno fa, se non fare di meglio, lui è qui per divertirsi, parole sue. Matthews e Kragh Andersen sono pericolosi in fuga e allo sprint eprché dotati anche di fondo, Démare invece non sembra al meglio, ma guai a sottovalutarlo. La Dimension Data, sin qui in ombra, punta su Boasson Hagen e Valgren e infine, con alterne speranze, un opaco Team Sky: Rowe sta andando forte ed è un outsider da seguire, Van Baarle ha svolto un cammino differente per essere pronto in una corsa che gli ha visto sfiorare il podio due stagioni fa, Ganna per fare esperienza e sognare un giorno su queste strade, chissà. Moscon è un enigma tutto da risolvere.

Foto copertina: Twitter © Rodatortop