Se le regole non cambiano continueranno a prosperare tanti altri Team Sky.

 

Sky ha lasciato il ciclismo: una notizia importante, non c’è che dire. Lo sponsor che ha reso possibile il dominio britannico nelle ultime edizioni del Tour de France (e non solo) è storia e non più attualità, un tema del quale parlare al passato, un feticcio per i nostalgici (in un modo o in un altro, succederà). Un decennio di aspettative e trionfi, di luci e di ombre, di esasperazione scientifica: il ciclismo non può che uscirne diverso. Non sarà questo editoriale a predire come parleremo di Sky nel futuro: se il team verrà ricordato positivamente o negativamente, se Sky passerà alla storia come la squadra schiava della tecnologia, della scienza e dei numeri, o se invece si parlerà di un Team Sky capace di schiavizzare tutto questo per raggiungere il proprio fine. 

Il Team Sky non è certo la prima squadra pigliatutto apparsa nel ciclismo. Un secolo fa la Automoto schierava alla partenza del Tour de France Bottecchia e i tre fratelli Pélissier, la Renault conquistò sei edizioni della Boucle in appena sette anni (dal 1978 al 1984, quattro con Hinault e due con Fignon), la Mapei ha vinto di tutto tra gli anni Novanta e i primi Duemila. Tutte queste squadre sono accomunate da diversi fattori: competenza, lungimiranza, professionalità, passione, intraprendenza, spirito vincente. Ma è fuori da ogni discussione che la disponibilità economica sia quello che ha inciso forse più di tutti gli altri. Quindi, finché il ciclismo rimarrà quello odierno (che poi, da questo punto di vista, è il ciclismo di sempre) aspettiamoci un altro squadrone.

Arriverà un altro Team Sky, si chiamerà in un’altra maniera ma vincerà nella stessa: le classiche regaleranno ogni tanto qualche incertezza, le corse a tappe verranno narcotizzate. Arriverà un altro Team Sky, capace di ingaggiare i migliori specialisti, i migliori analisti, i migliori preparatori, avvocati, direttori sportivi, corridori. Arriverà un altro Team Sky del quale tutti gli altri si lamenteranno, perché troppo forte, troppo tutelato, troppo potente economicamente. Arriverà un altro Team Sky che dividerà opinione pubblica e addetti ai lavori: sponsor del genere vanno elogiati per l’impegno profuso oppure odiati per aver ammazzato la competizione? Arriverà un altro Team Sky perché è inevitabile, perché è già successo, perché ieri Sky si chiamava Automoto, Renault, Mapei o chissà come.

La palude ristagna. Qualcuno parla di tetto salariale, in altri sport viene adottato da anni, ma rimangono soltanto parole: più soldi fanno comodo a tutti. Uno sponsor, per una lunga serie di motivi, difficilmente investe nel ciclismo (almeno in quello italiano): se poi gli si mettono anche dei paletti, poi dove li andiamo a cercare? E intanto il tempo passa, la storia si ripete, chi ha sempre pianto piange e chi può pagarsi la felicità gode. Se le regole del gioco non cambieranno, arriverà un altro Team Sky e non potremo farci niente.

 

Foto in evidenza: ©filip bossuyt, Flickr

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.