Quindici stagioni, oltre centocinquanta vittorie, cinque continenti battezzati: il girovagare di Greipel.
Lo aveva annunciato, André Greipel: “Debutterò alla Tropicale Amissa Bongo. Sarà la prima volta in Africa, per me. Vorrei vincere almeno una tappa”. Una dichiarazione senza particolari slanci che nascondeva un sogno: diventare il primo corridore a timbrare il cartellino nei cinque continenti (se dovessero organizzare una corsa in Antartide, non escludiamo che Greipel possa iniziare laggiù una delle prossime stagioni).
Avrebbe potuto ammettere di non essere più il velocista di qualche anno fa, Greipel, vedendo nella Tropicale Amissa Bongo l’occasione perfetta per affinare i meccanismi di un treno ancora inefficiente. Avrebbe anche potuto riconoscere che l’Arkéa Samsic non è una corazzata e quindi, talvolta, bisogna accontentarsi degli inviti che arrivano. Ma non lo ha fatto, Greipel, riconoscente ad una squadra che gli dà la possibilità di terminare la carriera da capitano dopo un divorzio burrascoso e doloroso.
La Lotto Soudal gli preferì Ewan, giovane e talentuoso: l’offerta fatta a Greipel si rivelò ridicola, una provocazione per fargli capire che era arrivata l’ora di sloggiare. Tutta colpa di Paul De Geyter, che assunse la guida della squadra portando nervosismo e zizzania e mettendo in un angolo Marc Sergeant, la guida e il collante della Lotto.
Greipel gli deve tantissimo. Fu Sergeant a convincere lui e altri corridori a lasciare la HTC del tirannico Cavendish per costruire qualcosa di nuovo, alternativo e diverso. Ed è con Sergeant che Greipel si è confrontato e sfogato più e più volte: soprattutto quando sua madre stava male, sclerosi laterale amiotrofica, e il tedesco aveva bisogno di andarla a trovare a costo di guidare per ore. Sergeant non gli ha detto mai di no.
Ha provato a convincere Greipel facendo leva sul passato, sulle vittorie conquistate insieme e sulla solidità del gruppo assemblato, ma nemmeno queste sicurezze sono bastate. Greipel non vuole essere la seconda scelta di nessuno, men che meno di Ewan, che nel 2018 ha vinto meno di lui. Sergeant, rammaricato, non gli ha dato torto: dice che i campioni vanno capiti e ascoltati, che non sta bene trattarli così.
Kristina, la moglie, descrive Greipel come un uomo che sa scindere alla perfezione lavoro e famiglia: tanto esigente e carismatico in gruppo quanto dolce e affettuoso a casa, con lei e le due figlie. Marcel Sieberg, il suo migliore amico, lo conosce come le sue tasche. Coetanei, si frequentano da quando hanno undici anni. Tratteggia Greipel come non ti aspetti: sereno, taciturno, più che parlare gli piace ascoltare. Un campione con i piedi per terra: un riconoscimento a cui Greipel tiene particolarmente. “Il vero carattere di un uomo di sport si vede nel momento in cui ha successo, soldi e fama”, spiegò a Cyclingnews: a lui non devono aver dato alla testa, considerando che fa la stessa vita di prima.
Il suo miglior pregio, secondo molti, è quello di saper valorizzare il lavoro dei compagni di squadra, “gente che potrebbe vincere per sé e invece si sacrifica per me”. E lui, quando ha potuto, ha cercato di ripagare. Come nella primavera del 2015, quando disputò Fiandre e Roubaix da protagonista. Tirava, ricuciva, riforniva, attaccava, rilanciava: se Benoot, Roelandts e Debusschere centrarono piazzamenti prestigiosi, l’uomo da ringraziare era il loro capitano.
La notizia è che André Greipel ce l’ha fatta, ha vinto la sesta tappa della Tropicale Amissa Bongo ed è diventato il primo corridore a piantare almeno una bandierina nei cinque continenti. La terza tappa l’ha vinta invece Ghirmay Biniyam, nato il due aprile del 2000. Cinque anni più tardi, Greipel esultava per la prima volta tra i professionisti. In Danimarca, a Frederiksberg: l’ultima a Oyem, Gabon. Nel mezzo, oltre centocinquanta urli a bocca a spalancata lanciati in giro per il mondo: Italia, Francia, America, Belgio, Spagna, Portogallo, Olanda, Polonia, Australia, Qatar, Oman, Germania, Austria, Turchia, Inghilterra, Lussemburgo. Sette tappe al Giro d’Italia, undici al Tour de France, quattro alla Vuelta a España; tre volte campione tedesco, medaglia di bronzo ai campionati del mondo del 2011.
Quando, un anno fa, chiuse il Down Under con due successi di tappa all’attivo, Greipel si tolse qualche sassolino dalla scarpa: “Sento dire in giro che sono vecchio, che sono appesantito, che non ho più lo spunto veloce di una volta. Non sento niente del genere. Anzi, pedalare mi piace ancora molto”. Per quanto tempo ancora è difficile saperlo. A occhio e croce, poco. Greipel racconta che ha perso molti, troppi compleanni della moglie e delle figlie, e che deve necessariamente rimediare.